Il cancello di accesso al castello era si imponente, ma non dava certo l'idea della bellezza e della grandezza che si sarebbero trovate e avvertite una volta varcato l'ingresso. Schwetzingen lo raggiunsi in bus, da Heidelbergh, una mattina d'estate come tante. Poca gente intorno, traffico tranquillo e quella sensazione di organizzazione che sempre si ha quando si è in Germania. Il fatto di essere da solo mi permetteva di gestire al meglio il tempo, così come le destinazioni. Niente di più piacevole di poter decidere all'istante il dove, il come e il quando. Nessuna separazione tra te e il luogo in cui ti trovi o, almeno, una possibilità in più di lasciarti trascinare dall'atmosfera del luogo stesso e immergerti nella stessa atmosfera degli abitanti con cui ti trovi a condividere un caffè in una mattina d'estate. Quasi sempre solo sensazioni, ma sono queste che alla fine definiscono i confini dell'esperienza, per quanto piccola possa essere. Le prime notizie di un castello si hanno da documenti del 1350, ma è solo nel XVIII secolo che Schwetzingen diventa quello che tutt'ora è: uno splendido esempio di rococò dovuto al genio di vari architetti (anche italiani) ed artisti. Ma non è questo il luogo per parlare di storia (per quanto questa sia veramente interessante e valga la pena conoscere). Piuttosto, queste sono solo piccole note di contorno a qualche giorno fuori dalla solita routine.
L'impressione dei giardini, e dei bellissimi viali alberati fiancheggiati da statue e costruzioni diventa via via più intensa e avvolgente man mano che ci si avvia lungo quegli stessi viali. Ci si immerge un pò alla volta in una sorta di realtà inattesa, apparentemente sospesa tra consapevolezza storica, illusioni ed erronee interpretazioni di vicende comunque solo marginalmente conosciute. Le guerre che imperversano in Europa, le lotte intestine tra i potenti, alcuni illuminati aristocratici che riescono a riportare il proprio regno a condizioni di vita generali ben migliori - per tutti - di quelle precedenti alle guerre stesse. Il castello è simbolo di forza ma anche di rinascita.
Ma, di nuovo, non siamo qui a parlare di storia. Piuttosto, in maniera completamente slegata dalla realtà, quello che mi venne in mente in quei giorni e successivamente riguardano le foto, fu un bellissimo brano dei Genesis: Time Table, tratto dall'album "Foxtrot" Personali accostamenti, nessuna relazione reale, strade contorte che per ignoti motivi convergono in un punto per poi allontanarsi di nuovo. Tutto quello che vuoi, ma di questo si tratta.
... A carved oak table, Tells a tale Of times when kings and queens sipped wine from goblets gold, And the brave would lead their ladies from out of the room to arbors cool ...
Sarebbe interessante vedere se una successiva visita sarebbe in grado di portare ancora le stesse sensazioni ed agganci, oppure tutto andrebbe ad acquistare valenze e tratti ancora differenti. Lo stesso luogo a distanza di tempo. La scelta di lavorare le foto in BN, al di là del fatto che lo preferisco al colore, è proprio per questa sensazione di un tempo differente che sembrava scorrere intorno a me. Fluido, evanescente, ambiguo. E insieme affascinante e accattivante.
In tutto questo le statue disperse ad arte lungo i percorsi e luoghi principali diventavano simboli in qualche modo viventi di epoche immaginarie e di immaginari conflitti e storie. Per sempre congelate quelle storie e quei conflitti nelle forme bianche e mute del marmo e della pietra. Ecco, sono proprio queste presenze, queste forme di pietra ad avermi affascinato più di ogni altra cosa. Quasi volessero parlarmi, dopo centinaia di anni di silenzio.
Isolate e immerse nel verde, di armoniose proporzioni, espressioni a volte ambigue a volte immensamente distanti e indifferenti quasi volessero ribadire la loro eterna perfezione simbolica a fronte delle umane limitazioni e temporali costrizioni. Ti osservavano, sembrava ti seguissero con lo sguardo attendendo una qualche attenzione, forse una domanda o anche solo uno sguardo diretto, un incontro sulla linea di confine di due mondi contrapposti.
Il bosco di Minerva, i Templi di Mercurio e di Apollo, l'Arboreto, la fontana di Nettuno, l'illusione ottica della "Fine del mondo". Questi alcuni, solo alcuni, dei luoghi che rendono questo castello un vero gioiello. Merita più di una visita questo luogo, e non per completare quanto magari già iniziato. Piuttosto per rivedere il tutto con forme ed interpretazioni diverse, sotto differenti prospettive e scelte stilistiche. A cominciare dal Tempio di Apollo e dalle sue dorate rappresentazioni del sole, ripetute per tutta la lunghezza della ringhiera che lo circonda.
Il silenzio era l'altro desiderato e apprezzato compagno di viaggio. C'erano si turisti, ma si disperdevano facilmente nella grandezza della struttura e la loro presenza era quindi solo temporanea e minimale. La massima parte del tempo i vari luoghi erano a tutti gli effetti a mia completa disposizione e non c'era alcuna fretta in niente. Il tempo non era più una necessità ma una risorsa di qualità e ampiamente disponibile. Potevi quindi anche fermarti e rimanere in attesa che il Genius Loci si accorgesse di te, e si prendesse cura di accompagnarti lungo quei viali, dando a ciascuno dei tuoi sguardi un elemento di comprensione e interpretazione in più. Forse illusione, forse no: era comunque particolare il sentirsi quasi parte del luogo e dell'atmosfera.
Il tempo dirà se Schwetzingen tornerà ad incrociare questa mia linea di universo. Se quei luoghi, oggi in BN, rinasceranno a colori e in quale forma. Se i viali saranno ancora vuoti e il Tempio di Apollo deserto e la ringhiera tassellata di soli dorati sarà protagonista o sfondo per qualche foto o solo per apprezzarne la bellezza in un luogo dove la bellezza e l'arte sono di casa.