Giorgia Bazzanti, concerto di presentazione dell'album "Non eri prevista" Le ultime note si spensero lentamente, confondendosi con gli applausi e le voci
Echeggiarono ancora una volta sulle pareti e sui calici di rosso, scivolarono tra i tavoli, si insinuarono nelle altre salette del locale, ne riempirono i vuoti. Timidamente e con eleganza lasciarono spazio al dopo, agli applausi ora più forti, all'emozione che segna la chiusura di un concerto. C'era gioia nell'aria, la potevi respirare. Quella reale, vera. Quella che nasce improvvisa dal profondo, e non è filtrata o costretta da convenzioni di circostanza. Il piacere di essere, e di vivere. Appartenenza, forse. Ad uno spazio dell'anima che qui si riconosce, in questo momento, in questo luogo. Parentesi breve, prima di riprendere ad inseguire equiibri sempre lontani. Giurerei di aver visto anche occhi lucidi, alla fine, quando quelle note si raccolsero insieme con un sospiro, e con eleganza chiesero il permesso di scrivere la parola "fine" alla serata. Fuori la città era deserta, e le luci dei vicoli parlavano di una bellezza forse vista per la prima volta. L'inverno sembrava lontano, e non c'era ragione di affrettarsi. Per l'intervista, si decise con Pietro di usare un mix tra il nome su Facebook e il mio vero nome.
Nessun motivo particolare, se non il gusto di farlo. Valter Zurich suonava bene e quindi questo venne usato. L'intervista è del Gennaio 2015, ritrovata qualche giorno fa, e riletta per curiosità. Mi è servita per ricordare il perché e il come di tante cose, e ho deciso allora di metterla tra i post per far si che, in futuro, navigando di nuovo tra le varie pagine in quelle giornate d'inverno in cui il tempo sembra troppo lungo, io possa di nuovo imbattermi in lei, e tornare a vedere differenze - se ci sono - o continuità con quei giorni. Un Grazie ancora a Pietro De Bonis e ad Oubliette Magazine.
La complessità delle cose, la lineare semplicità delle stesse solo al cambiare della prospettiva
Mi avvicinai alla ringhiera di marmo che dava sulla strada. Diversi piani, differenti livelli e distanze arricchivano le possibilità che gli occhi potevano cogliere. Una leggera foschia, forse quanto rimaneva della nebbia della notte, rendeva quella vista particolarmente delicata, per certi versi quasi struggente. Non ero il solo ad osservare ed inseguire chissà quali pensieri, affascinato dalla vista e dal silenzio intorno. Appena sotto di me, sulla strada dove le ombre nette degli alberi segnavano l'asfalto, un uomo si era fermato, lui stesso evidentemente affascinato da quella bellezza fuggevole, disponibile ad ogni considerazione e proposito, ad ogni speranza ed illusione. In attesa di qualcosa o qualcuno. Non mi dilungai troppo, era evidente la prevedibile e quasi isterica presunzione di voler sapere e voler dire. Mi allontanai senza voltarmi, consapevole che quell'equilibrio precario si sarebbe dissolto a breve come la foschia che ancora si attardava ad impreziosire la valle e deliziare lo sguardo. Il mondo in realtà continuava ad arrancare lungo le strade di sempre. Gli eventi si susseguivano apparentemente non correlati e senza una ragione ultima. Qualcuno un pò fuori dalle righe o soltanto più fortunato poteva azzardare pattern e trame sottese, e costruire su queste teorie e indicazioni, moniti e prospettive presentate come futuri probabili o almeno possibili. E però tutto era troppo labile e flessibile, troppo confuso con il rumore intorno perchè potesse veramente diventare evidente e certo. D'altra parte la pacata monotonia di quei giorni d'inverno dava solo un'apatica visione della vita prigioniera delle sue consuetudini e finte certezze. Tutto appariva reale e tutto era effimero allo stesso tempo. Le ragioni venivano discusse in lunghe e accalorate sedute televisive in alta definizione, la storia veniva chiamata in causa, così come le virtù di ognuno, i vizi di ognuno, le colpe di ognuno e le responsabilità di una società ormai alla deriva. Sembrava incredibile si potese dare un qualche peso a considerazioni talmente banali e scontate. Incredibile sentire stererotipate lamentele e già note litanie ripetute sensa soluzione di continuità, senza alcuna remora. Preghiere di sempre, celebrazioni e riti tribali in giacca e cravatta. "You speak a very good Italian" I told her, pleased by the mastery the girl had in speaking a foreign language. She had been busy talking and answering to some hosts in the room and I couldn't help but hear the discussion. Perfect grammar and almost no accent at all. Less common than you might think, and therefore more appreciable.
"Thank you!" she replayed smiling. "The fact is..I am Italian!" Which come as some surprise, indeed. But that was my mistake. I simply assumed by default she had to be a stranger, with maybe a good knowledge of the culture and language, but still a foreigner, not fully soaked by our own culture and therefore language nuances. Bounds to the country and the traditions, the imagination and the myths that together build up the immaterial and deep background of a community. This defines a belonging. So that morning, a cold and lazy autumn morning, with the city still trapped in the reminiscences of the night, I was taking my usual stroll among the streets of the old city. Heading to the downtown, with a slow pace and no hurry, I passed upon the stairs and roamed on the empty streets as I was used to. Cozy places, elegant architecture, new and ancient walls mixed together. The signs of time everywhere. Themselves a language, telling stories about the places and the people. Yet, nothing interesting to my eyes too used to them. And so the grey facades of the old buildings were just ordinary views, so as the shops still closed, the cafè on the corner, and the stairs winding to the top. It was only few meters after the entrance of the old palace that I realised there was something going on inside. An exhibition, sort of. Colourful banners, pictures, food products. I went back and entered the room, curious. Few people inside, a girl talking. I listen to her carefully, while taking some pictures around. "You speak a very good Italian" I told her. And so here we are. The Italian girl, attending courses at the university, busy with this work right now and others when possible. The strength of her youth and the belonging to a country, the roots that make her a part of the future of this place. We exchanged a few words, then I took my way. Oasi di prezioso silenzio, se vuoi vedere solo l'aspetto prettamente materiale. Oceani di silenzio e spiritualità, se la tua natura e formazione ti permetto di apprezzare e vedere aspetti non direttamente tangibili.
Al centro di ogni città o perdute in mezzo al niente, evidenti e distaccate nella loro solitaria e austera grandezza, circondate da ben più limitate e ordinarie costruzioni o immerse nei confini naturali di valli e montagne. Strade fluide e vie principali, sentieri impervi e passi difficili, segreti accessi. Miti e profezie, suggestioni e nomi di tempi andati o forse ancora presenti, in qualche modo Quasi un concentrato vivente di storia e storie, asse verticale del tempo che si può percorre a ritroso e con esso quasi toccare ciò che lo stesso luogo e le genti di allora erano. Come i cerchi concentrici nei tronchi degli alberi. Cerchi che ne definiscono l'età e le vicende che alle varie età avvenivano nell'ambiente in cui quegli alberi crescevano. Sono le chiese, le basiliche, le cattedrali: una sorta di tessuto connettivo nel tempo e nello spazio di queste nostre terre e in generale della vecchia Europa. Discorso troppo grande per queste piccole note di testo. Solo il piacere di scoprire e riscoprire spazi materiale e spirituali sempre allontanati per questioni di tempo. Un sabato mattina, un'estate troppo calda. La Basilica già conosciuta ma sempre appena sfiorata o adirittura non considerata. Il primo sguardo all'interno, ancora incerto se entrare o meno. L'Europa balbetta con voce flebile e timorosa.
Cerca appigli e forze che non ha o fa finta di non avere. Orizzonti inventati cui tutti credono quando la posta in gioco è nulla e il giorno procede tranquillo. Noia, accompagnata da lunghi sbadigli distribuiti in tempo reale su piattaforme social assurte a regole di vita. Appendici morali ed etiche condivise e taggate nel vuoto elettromagnetico che definisce i tratti di storia futura. Analisi e previsioni con scie di esperti per rendere il pubblico edotto alla confusione dove tutto si rigenera e rinasce. Eppure l'aria di questa mattina sa di vita. In questa mattina di un inverno eccessivamente mite, ha il suo profumo, la sua ebrezza, i suoi brividi senza spiegazioni o motivi apparenti. Semplicemente è, comunque. Rompe i lacci del tempo e ne irride le regole e costrizioni. Lascia libero ciò che appariva prigioniero, ed indulge nel limitarsi ad osservare senza forzare o cambiare. Tutto è possibile, ed il contrario di tutto è esso stesso plausibile e certo. Il senso di vertigine è semplicemente dovuto, quando vedi entrambi palesarsi contemporaneamente e contemporaneamente esistere e plasmare queste linee di universo che percorriamo. In questa mattina di un inverno eccessivamente mite, in questa mattina che sa di vita. Frammenti. Come sempre, ogni volta. Sono loro ad essere i riferimenti per il ricordo, per la
ricostruzione a posteriori del visto, del vissuto. Eterei e fluttuanti quando è solo la mente a cercarli, senza appigli ed aiuti. Apparentemente più certi, più solidi quando ci sono delle piccole porzioni di reale congelati su carta a creare appigli più o meno fortunosi. Perchè comunque sono solo frammenti, piccoli pezzi dai colori sbagliati, dalle forme forzate, geometrie cercate o solo erroneamente inserite. Parti di mondo estirpate dal loro ambiente e forzate su una superficie in formato standard. Una città, un luogo, un viaggio: alla fine sono anche questo: un mucchio di foto rovesciate su un tavolo, confuse e sovrapposte.Particolari, oggetti, forme che perdono la loro specifica funzione e identità in quanto potrebbero essere di ogni luogo. Non sanno più parlare, se non a chi sa cosa e dove. Ma forse per questo acquistano un differente modo di presentarsi. Spogliate della loro originale personalità, tolte dal loro mondo dove avevano una ragione d'essere, cercano ora solo un nuovo motivo. Piccolo, limitato a se stesse, slegato dal resto del mondo. Sono ora solo una superficie. Questo è il loro mondo, il loro spazio, e nulla esiste all'esterno. Il tempo entrerà allora in gioco, e darà il suo contributo al risultato. Quando tutti i frammenti saranno insieme, raccolti su un tavolo reale o virtuale che sia, allora potranno forse riprendere a parlare, in qualche modo. Ma non saranno la città o i luoghi o le persone incontrate ad essere descritte, quanto piuttosto chi stava osservando quei luoghi, percorrendo quelle strade, incrociando e parlando con quelle persone. Ed ogni volta il risultato sarà diverso, comunque. Nessuna ragione particolare, nessun motivo o direzione.
E' fine a se stessa la vita. Semplici fluttuazioni di esistenze nello spazio loro concesso. Linee di universo che si incrociano e creano nuovi eventi e percorsi. Rumore bianco che si somma alle personali esigenze e tentativi di scelta e di essere. Massa fluida in movimento, insieme di particelle nel flusso non lineare che definisce la storia. Tentativi di ordinamento e categorizzazione nascono essi stessi come elementi propri dell’esistenza. La mente che si concentra su se stessa e si piega ad osservare il proprio manifestarsi cercando di estrarre segni ed astrarre significati di ordine superiore e certamente generali La ragione prima, il motivo, lo scopo. Esiste forse uno spazio che necessita un ulteriore salto di qualità. Esiste forse la necessità di allontanarsi dalle regole note ed applicate, da esperimenti ripetuti e però fin dall'origine viziati. Nulla di tutto questo da garanzia alcuna se non un'ulteriore affascinante esplorazione che porterà ulteriori crescite ed altrettante nuove domande. Percorsi intrecciati e senza fine, labirinti di interpretazioni che sempre riportano allo stesso punto. Necessità di visioni più ampie. Allarga lo spazio allora, aggira i confini, allenta le regole, trova nuovi strumenti. Che siano filosofia o matematica, fisica e tutto ciò che a loro intorno ruota. Il pensiero puro e le sue dimensioni ad osservare e studiare la propria nascita e le sue stesse creature proiettate nel tempo. A cercare ragioni per ciò che ragioni non ne ha. The garden was silent and empty. A breeze now and then. Ancient statues, trees, temples. A world out of the time. Just my imagination maybe, but all of a suddon the sensation of echoes as they come from the the past, hints of something still floating around.
“Time table” by Genesis, from the album “Foxtrot”. A milestone in the rock history, a wonderful cover too. .. A dusty table Musty smells Tarnished silver lies discarded upon the floor Only feeble light descends through a film of grey That scars the panes. Gone the carving, And those who left their mark, Gone the kings and queens now only the rats hold sway And the weak must die according to nature’s law As old as they. Why, why can we never be sure till we die Or have killed for an answer, Why, why do we suffer each race to believe That no race has been grander It seems because through time and space Though names may change each face retains the mask it wore. |
AuthorA general blog, but still personal. The name as a tribute (my tiny, personal one) to the Crimson King. No specific matter, no specific path or target to be followed or reached. A space where to collect events, ideas, perspectives coming from the world around, but still under my own control. Archives
February 2020
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