Non ti chiederò mai nulla se non il silenzio cucito intorno ad un oceano di parole non dette quando nel punto di equilibrio di giorno e notte mi limiterò a voltarmi dall'altra parte e lasciare l'ebrezza dell'incoscienza ad altri illusi o semplicemente inconsapevoli ed ingenui attori.
Non ti chiederò mai nulla quando la porta verrà chiusa e la chiave girata a doppia mandata e qualcuno si fermerà un attimo incredulo e sorpreso e dovrà chiedersi all'improvviso chi o cosa è rimato fuori e quale sia il fuori e quale il dentro, quando ogni riferimento è un pò più appannato del solito e le evidenze appaiono meno sicure. Non ti chiederò mai nulla nel profumo di sere d'estate con vista lago, quando le domande lasciano il tempo che trovano e le risposte sono sempre fuori luogo, quasi fossero in anticipo su ogni richiesta o semplicemente fossero un fluire irrispettoso e scorrelato di parole e idee troppo a lungo represse nel fondo del cuore. Non ti chiederò mai nulla, Queen Jane, signora di notti lontane e giorni bruciati, signora delle acque danzanti e dei boschi del nord. Nelle pallide sere di fine estate o nei lunghi corridoi di freddo che portano all'inverno più aspro saprò ricordare il senso profondo del guardare i tuoi occhi di terra bagnata ed ascoltare il timbro caldo della tua voce di donna. Sembrava volessero parlare quelle ombre così nette
Adagiate sulle mura della città vecchia, spalmate Lungo le sue strade che salivano verso il suo centro, frammentate sulle pareti di palazzi non antichi ma certo vecchi e toccati dal tempo. Erano lì, ad accompagnarti in silenzio, quasi facessero parte della città e del suo essere. Ti muovevi, cercavi di evitarle, di scansarle, ma era tutto inutile. Ti seguivano comunque, sembrava cercassero proprio te. In una città ancora vuota, prima delle ore convulse del traffico e della gente, prima delle evidenti consuetudini di moltitudini in movimento, quelle ombre avevano il fascino di un vecchio libro ritrovato per caso in un appartamento sfitto o una soffitta impolverata e piena di ragnatele. Attiravano, incuriosivano. Impossibile non fissarle, non cercare di definirle. Di interrogarle, quasi. Eppure quei segni, quella grafia contorta, quei simboli appartenevano ad un linguaggio diverso. Cifrato, sconosciuto, impossible a comprendere. Frustrante ed affascinante. I segreti del mondo forse, le parole di qualche storia d'amore ancora intrappolate in riverberi di stanze troppo grandi. Frazioni di vita vista o solo sentita narrare, immagini spezzate, frammenti. Forse nulla, forse solo la necessità di credere ci sia dell'altro, oltre il primo cerchio, oltre la superficie e l'esperienza dei cinque sensi. Forse solo la necessità di navigare senza meta. Affidarsi all'istinto, e cercare di cogliere ciò che altrimenti non è dato conoscere. Quella sera Brian uscì per le strade già umide della città. Dietro di lui, ben chiuso in casa, aveva lasciato il senso della vita e le sue solite domande fuori luogo.
Ben chiuso, da solo, al caldo, per una volta tanto non avrebbe turbato i suoi pensieri con la sua continua inquietudine, con quell’ansia, quella insofferenza e tedio capace di allontanare qualsiasi tentativo di armonia tra lui e il resto del mondo. L'aria era già fredda e anticipava l'autunno ormai alle porte. Le luci delle vie, seppur viste così tante volte, sembravano quella sera essere in qualche modo esse stesse partecipi di un giorno diverso dagli altri, un giorno che nel ristretto ambito della sua sequenza temporale era stato capace di incanalare e incastonare delle scelte, dei barlumi di desiderio, degli indizi di un futuro ancora da costruire ma che di sicuro, in un modo o nell'altro, da quel giorno partiva. Stranamente le mille domande senza risposta, o meglio, con troppe risposte, quella sera cadevano da sole senza lasciare alcuno strascico, senza rumore e senza forza. Quasi fossero foglie ormai ingiallite e morte che fluttuavano leggere nell'aria, senza fretta, senza una destinazione e una meta precisa se non, presto o tardi, il terreno umido che le aspettava come un evidente destino. Una dopo l'altra, ad ammucchiarsi per un attimo prima di essere spazzate via da un improvviso alito di vento. Senza storia, senza spessore si disperdevano di nuovo nell'aria fredda, si rincorrevano e di nuovo si adagiavano in terra creando disegni e forme ogni volta diversi. E quella sera l'aria era si più fredda ma certamente in qualche modo più leggera. La sua voce cristallina si avvolgeva frenetica sui pendii impervi e difficili della sua anima, silenziosa e solitaria. Si adagiava, quella sensazione, e lo cullava con la spavalderia e insieme innocenza di un bambino che non ha ancora conosciuto il senso e la dimensione del tempo. Camminando non prestava particolare attenzione a quell'insieme di umanità che normalmente riempie le vie della città e le da vita. In qualche modo gli era anche indifferente la sporcizia dei vicoli, l'andare trasandato e vuoto di tanti giovani con pessimi tatuaggi e troppa birra in corpo. Il loro vociare, le risate sguaiate, le espressioni eccessive. Così come, per contro, il silenzioso e quasi mesto andare di coppie avanti con gli anni, il loro procedere rassegnato, lo sguardo disincantato e stanco, gli occhi spesso bassi. Il traffico di sempre creava addensamenti di auto ai semafori e rallentamenti agli incroci. Nuvole di vapori di scarico si alzavano lente al ritmo dei movimenti impacciati delle auto. Una danza a passo d'uomo sotto i colori elettrici delle luci artificiali. Lontano, senza apparente direzione, sirene della polizia tagliavano l'aria e lasciavano intendere storie di altro spessore. Si fermò un attimo ad osservare. C'era qualcosa di grandioso, di immensamente lirico in quello che aveva davanti agli occhi. Il caos del mondo, la vita, i destini di ogni singolo uomo in quel momento incasellati e impacchettati all'angolo della strada. Direzioni e prospettive completamente diverse o perfettamente eguali, per qualche ora costrette a sfiorarsi e guardarsi da vicino, quasi a toccarsi senza riconoscersi. Il tempo di oltrepassare l'incrocio, il tempo di superare questa momentanea barriera, e ciascuno avrebbe ripreso la propria strada senza avere memoria di quel momento. |
AuthorStories and novels, stories and shades of words. Sapphire can be a voice, a whisper, a night talk. Colours in words, words merged and melted with pictures. Words as colours, words as shapes sometimes overlapping with the visual experience. A different way to see the world or, maybe, just the very same way using different tools and finding different paths. Archives
December 2021
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