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Lo spessore delle cose

13/9/2012

 
Picture
Armonia ed eleganza, di questo parla la foto. Le due donne e il muro sullo sfondo, i suoi colori netti a stagliarsi e fare da contrappeso con la leggerezza e ariosità degli abiti femminili.
Il gioco di luce sembra carezzare la ragazza sulla destra e il senso di intimità che la donna seduta sembra avere, con il suo capo leggermente ruotato e la sua postura insieme elegante e rilassata., definiscono un tono pacato e intimo, un ritmo lento e distaccato dal resto del mondo.
Le due donne insieme, bilanciate nell’economia globale dell’immagine a formare un insieme gradevole e piacevole. Potresti parlare di armonia ed eleganza, potresti aggiungere altre parole quali senso di pace, intimità, misticismo, distacco dal mondo, chissà quali altre ancora.

Illusione.

Rappresentazione monodimensionale, piatta, edulcorata, ingannevole. L’illusione di vedere e capire si somma alla differente matrice del tuo essere, i tuoi pattern culturali semplicemente inadatti ad una situazione sconosciuta e troppo lontana dalle tue radici. Pescano a fondo nel bagaglio di conoscenze e sensazioni che formano il tuo modus vivendi e le tue esperienze, la tua morale. Annaspano nell’incertezza di posizioni e situazioni non previste né mai veramente incontrate. Cercano di discriminare, filtrare accogliere e capire cose mai veramente “toccate”. Alla fine possono soltanto ammettere le linee essenziali, di fondo, che trascendono questo specifico paese e questa cultura. La povertà è reale, cruda, graffiante. Ti parla con il suo odore, con il silenzio di una donna china a raccogliere cibo per strada, insieme ai figli.
La divisione in classi è reale, tangibile, lo vedi quando, passando nei corridoi del reparto di produzione insieme agli altri ingegneri per valutare le modifiche da apportare ad una macchina, passi a dieci centimetri da ragazzi scalzi che puliscono il pavimento. E ti accorgi che nessuno esiste per l’altro, nessuno ha il minimo punto di contatto con quel mondo così vicino e insieme negato. O forse semplicemente considerato come status quo. Così è e sempre sarà, di nuovo.
I due ragazzi sono molto giovani, sui vent’anni. Scuri, magri, seri. Curvi sulle scope e gli stracci con cui puliscono il pavimento. A tratti alzano lo sguardo verso di noi, a volte incrociano il mio. Nessuno dice nulla, ciascuno per un attimo studia l’altro, per poi tornare in se stesso.
Indossano una divisa diversa dagli altri, probabilmente a denotare il ruolo e le mansioni.
Impossibilità di abbandonare la condizione in cui si è nati. Impossibilità di dare al proprio figlio altro da quello che si è ricevuto dal proprio padre. Tutto evolve intorno, tutto cambia, ma certe cose sono immutabili. O almeno il loro cambiamento è talmente lento da non poter essere considerato tale.
Lentissimi e frammentari cambiamenti portati negli ultimi decenni da quella invasione tecnologica che ha però, come sempre, convogliato con se anche aspetti collaterali della civiltà che li ha prodotti. E sta cominciando a contaminare quella pre-esistente, in un reciproco scambio che comunque muoverà le acque.
Non puoi dire la direzioni, non puoi dire i tempi e i modi.
Puoi solo aspettare, ricordando che il futuro sarà comunque diverso da ogni previsione ed aspettativa.

La rappresentazione è monodimensionale, piatta, edulcorata, ingannevole.
Quell’immagine non ti fa sentire l’afa di quei giorni troppo caldi, non ti da la sensazione e il fastidio delle mosche e delle zanzare intorno a te, l’odore acre di urina appena dietro l’angolo di quel palazzo graffiato, il sapore dell’aria pesante ed eccessivo, miscela di inquinamento e odori di strada.
L’immagine non ti fa sentire il rumore continuo del traffico caotico della città, così come non ti fa sentire il silenzio amaro, rassegnato delle zone rurali dove contadini scalzi e sottili, cercano con pazienza infinita di coltivare qualcosa in quella terra asciutta e piena di erbacce.
Dov’è il misticismo di cui si parla così tanto? Non una ma cento, mille diverse Indie a condividere lo stesso spazio.

Noi occidentali abbiamo il lusso raffinato del poter scegliere il gioco da giocare. Vie di uscita sempre disponibili, carte di riserva pronte. Quanti ancora vanno in India a cercare una dimensione spirituale che sembra impossibile a trovare in Europa?
Contaminazioni tra culture, regole da rimettere in discussione, valori mediati che si trasferiscono da un luogo cambiando la loro ragione d’essere e la loro funzione. Anche questo fa parte della dinamica delle cose, della vita, delle culture. Il continuo scambio, l’amalgamarsi e plasmarsi in nuove forme ed espressioni. Noi possiamo scegliere se, come e quando giocare.
Noi possiamo scegliere quando dire basta.
Questo ad altri non è concesso.

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    ​Stories and novels, stories and shades of words. Sapphire can be a voice, a whisper, a night talk.  Colours in words, words merged and melted with pictures. Words as colours, words as shapes sometimes overlapping with the visual experience.  A different way to see the world or, maybe, just the very same way using different tools and finding different paths. ​

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