..Citizens of Hope & Glory,
Time goes by – it’s the ‘time of your life’. Easy now, sit you down. Chewing through your Wimpey dreams, they eat without a sound; digesting england by the pound.. (Genesis, Selling England by the pound) Le corone rosse, red poppies, riempivano con grazia e forza il giardino della rimembranza. Il rosso reso più incisivo dalla pioggia, il bianco dei biglietti di ricordo, il battaglione di appartenenza, il nome del caduto. I papaveri rossi di Gengis Kahn e di Fabrizio Dè Andrè. I papaveri rossi che sembra fossero l’unico fiore che ancora nascesse nei campi devastati delle Fiandre. Nel 1915 John McCrae, un medico nelle forze canadesi, scriveva i suoi versi In Flanders’ fields the poppies blow Between the crosses, row on row, That mark our place: and in the sky The larks, still bravely singing, fly Scarce heard amid the guns below. We are the dead. Short days ago We lived, felt dawn, saw sunset glow, Loved and were loved, and now we lie In Flanders’ fields. Take up our quarrel with the foe; To you from failing hands we throw The torch; be yours to hold it high, If ye break faith with us who die We shall not sleep, though poppies grow In Flanders’ fields. Ultimo saluto, ultimo omaggio, ultimo gesto di rispetto, ultimo atto di onore a tanti figli sepolti e commemorati dai padri. Un giardino appena sotto le mura grigie della cattedrale, con i prati di erba umida, gli scoiattoli che corrono silenziosi tra una panchina e l’altra, qualche corvo che si ferma per un attimo per poi volare via rapido a rifugarsi su uno degli alberi che contornano il giardino stesso. Un giardino che tutti conoscono e che è proprio al centro della città, nel punto forse più bello e comunque certamente più “lirico” se vuoi, con quella cattedrale di austera bellezza. Fredda e distaccata bellezza, a volte pesante, greve, tutt’altro rispetto all’ariosità delle cattedrali e chiese che puoi trovare nella nostra piccola e lontana Italia. Costa Coffe, Grosvenor Centre. Non puoi chiamarlo espresso, neanche per scherzo. La ragazza della foto ti guarda con un sorriso indefinibile. La fissi a lungo, la studi, la guardi di nuovo. “Next please”, continua a ripetere la cameriera del bar mentre la fila si allunga, la folla cresce, i negozi intorno sono una babele di musica e voci, risate e pianti di bambini. Mi allontanai verso East Gate Street, dove le nuvole scure cariche del giallo pesante di un tramonto di inizio Dicembre facevano da contorno ad una città comunque ancora estranea. Ed allora, in poche centinaia di metri avevamo un ragazzo che aveva dedicato la sua vita al misticismo per riscoprire una dimensione perduta o forse mai esistita, una città occidentale “confident” e sicura del proprio ruolo e posizione, come se questa fosse immutabile e certa, tutta tesa alla celebrazione pagana del Natale . Ed insieme avevamo i papaveri rossi dei soldati caduti ad Ypres, nelle valli della Somme, nelle spiagge della Normandia, in Iraq, i fili colorati e le luci della festa, le mura romane a circondare la città e ricordarne le origini e la storia: Contaminazioni di una cultura estranea portata da un esercito a quel tempo potentissimo. Assimilazione, crescita, fusione. ..Young man says ‘you are what you eat’ – eat well. Old man says ‘you are what you wear’ – wear well. You know what you are, you don’t give a damn; bursting your belt that is your homemade sham.. (Genesis, Selling England by the pound) Comments are closed.
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AuthorStories and novels, stories and shades of words. Sapphire can be a voice, a whisper, a night talk. Colours in words, words merged and melted with pictures. Words as colours, words as shapes sometimes overlapping with the visual experience. A different way to see the world or, maybe, just the very same way using different tools and finding different paths. Archives
August 2020
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